Il mercoledì delle Ceneri, la cui liturgia è marcata storicamente dall’inizio della penitenza pubblica, che aveva luogo in questo giorno, e dall’intensificazione dell’istruzione dei catecumeni, che dovevano essere battezzati durante la Veglia pasquale, apre ora il tempo salutare della Quaresima.
Lo spirito comunitario di preghiera, di sincerità cristiana e di conversione al Signore, che proclamano i testi della Sacra Scrittura, si esprime simbolicamente nel rito della cenere sparsa sulle nostre teste, al quale noi ci sottomettiamo umilmente in risposta alla parola di Dio. Al di là del senso che queste usanze hanno avuto nella storia delle religioni, il cristiano le adotta in continuità con le pratiche espiatorie dell’Antico Testamento, come un “simbolo austero” del nostro cammino spirituale, lungo tutta la Quaresima, e per riconoscere che il nostro corpo, formato dalla polvere, ritornerà tale, come un sacrificio reso al Dio della vita in unione con la morte del suo Figlio Unigenito. È per questo che il mercoledì delle Ceneri, così come il resto della Quaresima, non ha senso di per sé, ma ci riporta all’evento della Risurrezione di Gesù, che noi celebriamo rinnovati interiormente e con la ferma speranza che i nostri corpi saranno trasformati come il suo.
Il rinnovamento pasquale è proclamato per tutta l’umanità dai credenti in Gesù Cristo, che, seguendo l’esempio del divino Maestro, praticano il digiuno dai beni e dalle seduzioni del mondo, che il Maligno ci presenta per farci cadere in tentazione. La riduzione del nutrimento del corpo è un segno eloquente della disponibilità del cristiano all’azione dello Spirito Santo e della nostra solidarietà con coloro che aspettano nella povertà la celebrazione dell’eterno e definitivo banchetto pasquale. Così dunque la rinuncia ad altri piaceri e soddisfazioni legittime completerà il quadro richiesto per il digiuno, trasformando questo periodo di grazia in un annuncio profetico di un nuovo mondo, riconciliato con il Signore
Oggi, con il segno delle ceneri, iniziamo un cammino di quaranta giorni che ci conduce al cuore del mistero cristiano: la morte e risurrezione di Cristo. Questo non è un rito vuoto, ma un invito a fermarci, a interrogarci, a riconoscere chi siamo e dove stiamo andando. Le letture di oggi ci offrono una bussola per orientarci in questo deserto quaresimale.
Il profeta Gioele ci scuote con un'immagine potente: «Laceratevi il cuore e non le vesti». Ciò significa che Dio non chiede lacrime teatrali o gesti esteriori, ma un cuore spezzato, umile, capace di riconoscere il proprio bisogno di Lui. In un mondo che esalta l'apparenza, la Quaresima ci chiede il contrario: autenticità.
Quante volte, anche nella fede, rischiamo di indossare maschere? Di recitare un ruolo, di cercare consensi? Le ceneri poste oggi sul nostro capo ci invitano a riscoprire il segreto della vita. Ci dicono: fino a quando continueremo ad indossare un'armatura che copre il cuore? Fino a quando continueremo a camuffarci con la maschera delle apparenze? Fino a quando esibiremo una luce artificiale per mostrarci invincibili? Quando avremo il coraggio di chinare il capo per guardarci dentro, allora potremo scoprire la presenza di un Dio che ci ha sempre amato e sempre ci amerà; solo allora, finalmente, si frantumeranno le corazze che ci siamo costruiti; solo allora potremo sentirci amati di un amore eterno. Ebbene, le ceneri che riceviamo oggi sono un antidoto: ci ricordano che siamo fragili, mortali, ma amati infinitamente. Strappiamo allora i veli dell'ipocrisia e presentiamoci a Dio così come siamo: con le nostre fatiche, i nostri fallimenti, il nostro desiderio di rinascere.
Nel Salmo Responsoriale più volte abbiamo ripetuto: «Perdonaci, Signore: abbiamo peccato». Chiediamo perdono al Signore riconoscendoci peccatori e, confidando nella sua misericordia, lo imploriamo con le parole del Salmo, dicendo: «Crea in me, o Dio, un cuore puro». Le ceneri, dunque, non sono un segno di condanna, ma di speranza: Dio non si stanca di perdonare, di trasformare la nostra polvere in vita nuova.
Ma perché questo avvenga, dobbiamo aprirgli le porte. Come il figliuol prodigo (cf Lc 15,11-32), siamo chiamati a tornare alla Casa del Padre, non perché siamo perfetti, ma perché Lui ci attende con le braccia aperte. La Quaresima è quel tempo opportuno, quel «momento favorevole» di cui parla san Paolo nella II lettura, per lasciarci abbracciare dalla grazia.
E infine, nel Vangelo, Gesù ci mette in guardia dalla tentazione di vivere la fede come uno spettacolo. Digiuno, preghiera, elemosina: non sono trofei da esibire, ma strumenti per liberarci dai legami che ci allontanano da Dio.
- Il digiuno non è una dieta spirituale, ma un modo per dire: «Non sono schiavo dei miei desideri; ho fame di Te, Signore».
- La preghiera non è una lista di richieste, ma un silenzio in cui ascoltare: «Cosa vuoi da me, Dio?».
- L'elemosina non è un gesto di superiorità, ma un atto di giustizia: riconoscere che tutto ciò che ho è dono, e va condiviso.
Le ceneri che riceviamo non sono un segno individuale, ma un impegno comune. Siamo un popolo in cammino, che sostiene chi è inciampato, che prega per chi ha dubbi, che condivide con chi è nel bisogno. L'apostolo Paolo, infatti, ci ricorda che la conversione non è un fatto privato: «Lasciatevi riconciliare con Dio» è un appello rivolto a tutta la comunità.
In un'epoca di divisioni e individualismi, la Quaresima ci chiede di essere lievito di comunione: famiglie che pregano insieme, comunità che accolgono, cristiani che testimoniano con gioia che la vita non finisce nella polvere, ma sboccia nella Risurrezione.
Le ceneri ci dicono che siamo polvere: «polvere tu sei e in polvere ritornerai», ma polvere preziosa agli occhi di Dio. Come Adamo, plasmato dalla terra (cf Gen 2,7), siamo chiamati a farci modellare dalle Sue mani.
Non sprechiamo questi 40 giorni! Lasciamoci guidare da tre domande semplici:
- Cosa devo "spegnere" (abitudini, parole, pensieri) per fare spazio a Dio?
- Cosa devo "accendere" (preghiera, perdono, carità) per riscaldare il mio cuore?
- Con chi camminare per non perdermi nel deserto?
La Quaresima è un esodo verso la libertà. Partiamo, allora, con coraggio. Le ceneri sono l'inizio di un fuoco: quello dello Spirito, che trasforma la nostra fragilità in luce pasquale. Ritorniamo, dunque, al Signore, come scrive il profeta Gioele, con tutto il cuore, ed Egli ci rinnoverà e ci condurrà alla luce della Pasqua. Amen!