partita di calcio

Non nascondo la mia passione sportiva, iniziata da lontano quando ancora ero ragazzo e quanto mi manca oggi, cosciente però che le cose importanti da considerare sono ben altre, in assoluto i gravissimi problemi di salute provocati dal coronavirus e il non facile momento per noi sacerdoti nel gestire l’impegno pastorale.

Tutti sperimentiamo un senso di precarietà nei confronti della vita, di Dio e della sua Provvidenza. Avendo maggior tempo a disposizione per riflettere, pensando in particolare ai giovani, mi rincorrono per la testa alcune parole familiari del mondo sportivo. Ho l’impressione che in questo tempo la nostra squadra senta odore di RETROCESSIONE, con la sensazione di non riuscire a ottenere la SALVEZZA. Questo non è riferito ovviamente al virus che il mondo sanitario sta combattendo in modo encomiabile con un lavoro di straordinaria qualità, ma al modo con cui siamo abituati a intendere la vita: pensare che tutto vada sempre bene, poter dare una risposta o trovare le soluzioni a tutte le situazioni, sentirci padroni del mondo, della natura, della vita e alla fine quasi invincibili.
Pensiamo di poter risolvere la partita segnando il GOAL sempre in zona cesarini, magari con l’aiutino dell’arbitro.
Pensavamo d’aver allestito una BUONA SQUADRA, ma evidentemente non funziona. Schemi e sistemi di gioco sono scritti sulla carta, ma non vengono messi in campo. Viene spontaneo chiederci se non è il caso di cambiare ALLENATORE. Lascio all’inventiva di ciascuno scegliere quale può essere l’allenatore più efficace per questa stagione. A mio avviso il migliore sulla piazza è lo Spirito Santo. Il nostro campionato della fede chiede nuovi criteri, nuove sperimentazioni per rinnovare il GIOCO. Servono CATTEDRALI (così vengono chiamati anche gli stadi) che ritornino ad essere sempre sold out. I nostri progetti devono trovare strade più convincenti per formare coscienze ricche di spiritualità e moralità. È di fondamentale importanza il RITIRO di precampionato, che per noi consiste nel fermarci, fare silenzio, ascoltare la Parola, conoscerci e confrontarci, fare gioco di squadra. È necessario l’apporto di tutti, preti, religiosi, laici, famiglie per raggiungere la VITTORIA. Non è più sufficiente un fuoriclasse che potrebbe mettere qualche toppa o qualche fugace illusione. La BANDIERA sventolata da Gesù Risorto porta scritto VICTOR (vittoria). La vera vittoria della vita è saper vincere e debellare la sofferenza, la fragilità, l’egoismo la morte.

La partita della vita chiede in particolare oggi di diventare ‘rigoristi’. Il rigore è determinante per vincere una partita. RIGORE ci viene chiesto per sconfiggere questa spietata epidemia. Ci è stato fischiato un rigore contro. Ci chiediamo: dove e come abbiamo commesso un fallo cattivo o qualcosa sbagliato? Nelle relazioni, nel rispetto dell'ambiente o delle regole, nell'equilibrio, nel pensare solo a noi stessi, nell’essere schiavi del tempo...? In questo caso dobbiamo far di tutto per riuscire a parare il rigore, a non permettere di uscire sconfitti. Se il rigore invece è fischiato a favore, non possiamo permetterci di sbagliarlo, perché perderemmo una occasione importante per vincere e ottenere la vittoria. Teniamo conto che nel dare o subire rigori noi siamo diretti da un arbitro imparziale che è la Provvidenza. Con un linguaggio un po’ ironico, ma che vuol rimandare alla sostanza della Pasqua, auguro a tutti di poter uscire vittoriosi da questa impegnativa partita che stiamo giocando.      

Don Riccardo Gobbi